La verità è che la gente ama i leader, non i ruffiani

Parliamo di comunicazione commerciale. Da decenni vediamo innovazione negli strumenti mediatici e di intermediazione (innovazione più tecnologica che di processo), ma in realtà facciamo sempre le stesse cose, solo con strumenti migliori. Certo, la creatività delle Agenzie di Pubblicità cerca di scoprire, con fantasia e capacità, quelle che sono le opportunità di utilizzare i nuovi strumenti, ma lo ha sempre fatto.

Gianguido Saveri

“L’immaginazione governa il mondo” diceva Napoleone e, da quando sono nate, le Agenzie di Pubblicità, con la creatività, hanno il compito di trasferire concetti nel modo migliore a un target preciso, ma anche quello di stimolare le persone a guardare le cose da punti di vista differenti. Il fine ultimo è di creare una relazione tra i brand e le persone, una reale empatia tra le aziende e i consumatori, favorire dinamiche evolute fra domanda e offerta. 

L’innovazione tecnologica, però, ha cambiato il peso della partecipazione della gente nelle scelte di chi produce. La rete ha dato un potere enorme alle persone. Così, oggi, il requisito fondamentale per fare comunicazione è la sincerità. La sfida è riuscire a entrare nel cuore delle persone stimolando la loro attenzione, evitando l’utilizzo di artifici o iperboli narrative banali o già viste, cercando di stupirle… Ma serve più creatività, più di prima. 

Se negli anni si è innovato molto nelle tecnologie con cui si fanno le cose, se il sistema ha subito diverse rivoluzioni nell’organizzazione delle nuove e vecchie competenze, poco o nulla è cambiato nel processo di lavoro con cui si progetta e si mette a terra la comunicazione. Il processo Top-Down è rimasto lo stesso, su tre livelli: 1) Committente, 2) Agenzia, 3) Fornitore/Media. 

Ognuno nel suo ruolo fa le stesse cose di sempre, anche se in modo tecnologicamente diverso: 1) il Committente decide qual è il messaggio da comunicare, 2) l’Agenzia lo veste creativamente, 3) il Fornitore (ad es. una casa di produzione video) lo realizza e i Media lo consegnano. Vale per uno spot Tv o per un Post su Facebook. Purtroppo, manca un tassello perché si realizzi una vera innovazione anche nel processo e, di conseguenza, un miglioramento dei risultati attesi di conoscenza, attenzione, coinvolgimento, attivazione e soprattutto differenziazione dei Brand. Infatti, il modello Data Driven (una volta si chiamavano semplicemente “ricerche di mercato”), alla base di tutte le strategie di Marketing e Marketing Communication, porta in sé un difetto terribile: tutti hanno gli stessi dati e tutti giungono alle stesse conclusioni, matematicamente. Perché 2+2 darà sempre 4, per tutti. Se il mercato va bene, può anche funzionare nel breve, ma presto sarai uguale ai concorrenti o sarai “vecchio”. Perché una strategia basata sul passato (i dati) non può che replicare il passato anche nel futuro, se non si introduce un elemento divergente, una variabile.

Ad esempio, negli ultimi anni si cerca di raccontare i brand cavalcando l’attenzione crescente (lo dicono i dati, le ricerche) su tre temi: A) trasparenza, B) sostenibilità ambientale, C) inclusività. Sono questioni essenziali, poste soprattutto dalla Generazione Zeta, ma stanno diventando una “moda”.

Ne segue un paradosso: con l’obiettivo di essere originali, in comunicazione sono stati introdotti temi che stanno cavalcando più o meno tutti i Brand. Ma quando tutti dicono le stesse cose come si fa differenziarsi? E soprattutto: è corretto che un Brand segua il mainstream invece di essere lui a indicare la strada?

I Brand dovrebbero ricominciare a fare i Brand e smetterla di raccontare esattamente quello che le persone vorrebbero sentirsi raccontare. La gente ama i leader, non i ruffiani. I Brand dovrebbero ricominciare a “trascinare le folle”, a ispirarle guidando tendenze create dagli stessi Brand. Quei Brand che vogliono distinguersi dovrebbero prima cercare di scoprire qual è la loro Verità Unica – il loro punto di vista sul mondo – e poi raccontarlo alla gente in modo stupefacente. I Brand dovrebbero creare il futuro, non limitarsi a dedurlo da proiezioni basate sull’esperienza passata.

Capacità creativa a livello di Agenzie, di Produzione e di Media ce n’è anche troppa. Ma se il messaggio, cioè “Cosa” dire al pubblico, è sempre lo stesso o è lo stesso dei concorrenti, non basta trovare nuove idee per “Come” dirlo o “Dove” dirlo, perché si producono solo estetismi e variazioni sul tema o, peggio, noia.

Per fare veramente innovazione, per aggiungere il tassello mancante di cui sopra, occorre che anche al primo livello – quello strategico, del marketing – si introduca quell’elemento che già è pervasivo negli altri due livelli: la Creatività. Occorre andare oltre i dati (che sono comunque fondamentali) per scoprire quella Verità Unica del Brand che, trascendendo la logica, porterà al risultato inaspettato di 2+2+Y=X.

Infatti, “Chi non si aspetta l’inaspettato non scoprirà la Verità” diceva Eraclito e, su questa premessa, noi di Incredible Truths! abbiamo sviluppato un metodo e delle tecniche per aiutare le aziende a innovare il processo nella fase iniziale strategica – che, a cascata, determina le altre – accendendo una fiamma di creatività nel freddo mondo dei numeri. La chiamiamo “La Via delle Verità Incredibili”, un percorso mistico che porta i Brand a conoscere le risposte a domande fondamentali, come “Chi sono?” e “Perché sono qui?”.

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