Il Ritorno del Pubblivoro – Dal global al local

Negli anni ‘80 e ‘90 tutti consumavamo lo stesso cinema e la stessa televisione e per il mondo della comunicazione diventava semplice realizzare degli spot che potevano andare in tutto il mondo. Il trucco era andare verso le icone e i simboli cinematografici che tutti conoscevano come Rambo, Titanic, Happy Days etc. La domanda a cui cercheremo di rispondere in questo Pubblivoro è se oggi possono funzionare delle pubblicità global con dei piccoli adattamenti local. Prendiamo come esempio due spot appena usciti.

Meetic con “Inizia anche tu una storia vera” ci presenta una bella pubblicità, realizzata molto bene. La scelta dello split screen è ottima e permette di mantenere un ottimo ritmo senza far confusione sulla linea narrativa e mantenendo alta l’attenzione. La fotografia, molto stile Netflix, è molto curata, forse troppo. Sembra infatti di essere catapultati in un film o in una serie Tv esteticamente ineccepibile ma, proprio per questo motivo, poco reale e realistica. E, se vogliamo rispondere alla domanda “Una comunicazione global può essere anche local?” mi viene da scrivere no. Tutti gli ambienti sono troppo ordinati, a iniziare dalla falegnameria per arrivare agli ambienti domestici. Sembra più un catalogo di architettura e interior design che la rappresentazione della vita vera.

Insomma, per arrivare a tutti utilizzando un’estetica “giusta” per la pancia della gaussiana, il rischio è di non arrivare a nessuno. Diventa difficile che un italiano possa identificarsi in quell’esperienza visiva che, tra l’altro, proclama “Inizia anche tu una storia vera”.

Molto interessante anche lo spot di Just Eat che con “È ora” promuove il proprio servizio di delivery. Realizzato molto bene, su un concept creativo efficace. La ragazza che finisce l’ultima call in smart working e finalmente inizia la sua vita privata con l’ordinare l’hamburger. La famiglia che organizza la serata cinema, ovviamente a casa, e si ordina le insalate e le zuppe.

Lo spot è particolarmente riuscito perché assolutamente contemporaneo. Racconta la vita che stiamo vivendo mettendo in evidenza momenti felici e rilassati senza entrare in una retorica eccessiva o in una rappresentazione fiabesca o non realistica. Proprio pensato e realizzato molto bene. Ma se vogliamo rispondere al domandone, io penso a un ni. Gli italiani penso siano l’unico popolo che riesce a parlare di cibo anche mentre mangia. Insomma, qui il cibo è una cosa seria e l’insalata che mangia il protagonista nella seconda scena è troppo americana. Passi l’hamburger, ma quell’insalata proprio no. Sarebbe stata vincente la pizza che in Italia è al primo posto negli acquisti in delivery, seguita appunto dall’hamburger ma che, ormai, è diventato un cibo global, molto di più delle insalate che cambiano molto di aspetto da local a local.

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