Adv online, nel 2020 calo del 14%. Alle marche serve un nuovo approccio

Il valore del mercato si attesterà a poco più di 7 miliardi di euro, Internet scenderà dai 3,3 miliardi del 2019 a 2,8 miliardi: in calo Display adv, Motori di ricerca, E-commerce e Programmatic. La crisi impatterà anche sugli OTT (-13%) che detengono però il 77% di quote

Non è proprio tutta colpa del Covid-19 che ha creato incertezza, anche le aziende ci stanno mettendo lo zampino con un approccio poco “lungimirante” alla comunicazione. L’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano in occasione del convegno “Internet advertising: fruizione su, monetizzazione giù” ha presentato ieri i risultati della ricerca dedicata all’adv digitale.

Giuliano Noci

Nell’introduzione Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, ha sottolineato: «Per il 2020 prevediamo un calo piuttosto significativo dei valori di adv in Italia e per la prima volta il dato riguarda anche il mondo digitale, attorno al 14%. È una situazione non sorprendente alla luce del quadro che viviamo, ma rispetto alla media europea che registrerà un calo del 9% con Germania a -7% e Francia a -12%, l’Italia perderà di più. Nel mondo, e in particolare in Cina, nonostante il Covid-19 il colosso digitale Tencent, azionista di WeChat, ha visto crescere gli introiti pubblicitari del 32%».

Secondo Andrea Lamperti, Direttore dell’Osservatorio Internet Media, «nel 2020 il mercato pubblicitario nel 2020 varrà poco più di 7 miliardi di euro, il dato peggiore da almeno 15 anni (valeva 8,7 miliardi nel 2019), con tutte le componenti (Tv, Internet, Radio, Stampa e Out of Home) che subiranno un calo a doppia cifra per un totale mercato a -18%. Il valore dell’adv su Internet calerà del 14%, dai 3,3 miliardi di euro del 2019 a 2,84 miliardi, risultato inferiore a quello del 2018».

Andrea Lamperti

All’interno del Display advertising, la raccolta pubblicitaria dei Video (in forte crescita negli scorsi anni) scenderà del 12% e quella dei Banner del 15%, condizionata soprattutto dalle logiche di Brand Safety delle aziende. In calo anche la raccolta derivante l’acquisto di spazi sui Motori di ricerca (-14%) e sui portali di E-commerce & Classified advertising (-21%).

«Anche i grandi player internazionali, gli OTT, saranno fortemente impattati da questa crisi. con un calo del 13%. La loro quota rimane comunque elevatissima, pari al 77% – ha proseguito Lamperti -. Per il mercato italiano del Programmatic, che aveva chiuso il 2019 a +14% con 556 milioni di euro di raccolta, una prima stima di chiusura a fine anno è attorno a 480 milioni».

Se si confronta l’andamento della pubblicità online con quella degli altri mezzi, solo la Televisione avrà nel 2020 un calo confrontabile a quello del canale Internet, mentre Radio, Stampa e Out of Home (OOH) avranno decrescite più importanti, ben oltre il meno 20%. Tv e Internet manterranno la leadership del mercato (rispettivamente il 42% e il 40% di quota), con Stampa al 9%, Radio al 5% e Out of Home al 4%). 

Aziende e sistema media

Noci ha inoltre dipinto un quadro su cosa stiano facendo le imprese. Durante i mesi di lockdown, la Ricerca ha analizzato anche come gli investitori pubblicitari sono intervenuti rispetto alle scelte di marketing e ai budget pubblicitari decisi nel periodo pre-Covid. Dalla survey è emerso che oltre il 70% delle aziende brand intervistate ha ridotto, rimandato o bloccato il budget degli investimenti in advertising online.

«Purtroppo, hanno affrontato la crisi in modo sbagliato, pur in un quadro di comprensibile incertezza, non tanto perché hanno ridotto gli investimenti in adv ma perché li hanno ridotti in una chiave di isomorfismo comportamentale, cioè perpetuando quella logica ossessiva di breve periodo che le ha contraddistinte negli ultimi 2 anni: un’azione che porta alla commoditizzazione della proposta commerciale – è convinto Noci -. La crisi Covid-19, in realtà, doveva portare verso la direzione opposta: le marche che hanno deciso di puntare su logica di brand purpose, di ritornare a investire o di investire con ancora più vigore sulla dimensione di brand equity hanno ottenuto risultati sopra la media: è da questo presupposto che le imprese devono intraprendere una nuova via verso il new normal con responsabilità e con l’obiettivo di mantenere fatturato e marginalità».

Secondo il professore costruire una marca oggi «non richiede solo una conoscenza dell’ecosistema mediatico, ma anche quella relativa al customer journey e agli archetipi comportamentali degli individui». Vale a dire: una prospettiva di marca omnicanale che ne sublimi il valore su tutti i touchpoint, per dare contenuti e servizi giusti sul giusto canale, nel giusto momento e al giusto individuo. Anche sul sistema media Noci ha espresso una posizione molto netta.

«Non è più possibile per gli editori sostenere la propria Value proposition solamente attraverso la raccolta pubblicitaria, che peraltro si ridurrà ampiamente quest’anno. C’è lo spazio e l’interesse verso contenuti a pagamento, se i contenuti sono interessanti per l’utente. Auspichiamo quindi che gli editori si rendano conto dell’importante ruolo che hanno nel veicolare contenuti di qualità, e che debbano essere sempre più capaci nelle attività di personalizzazione: la capacità di costruire offerte sempre più segmentate e di cogliere quali sono gli interessi degli individui sono oggi un fattore differenziale. Sarà quindi da calibrare in maniera accurata sia il mix tra contenuti generalisti e personalizzati, sia il mix delle forme di valorizzazione attraverso l’advertising ma anche le subscription».

Con il moltiplicarsi dei touchpoint e delle occasioni di interazione tra azienda e consumatori, è inoltre emersa la necessità di dotarsi di strumenti che leggano e interpretino le sinergie e le integrazioni tra i diversi mezzi, come Marketing Mix Model (MMM) e MultiTouch Attribution (MTA).

«Il 23% adotta unicamente un modello MMM, il 21% adotta unicamente un modello MTA e solo il 21% ha adottato entrambi le soluzioni – ha spigato Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media -. Le motivazioni per cui gli spender adottano un modello MMM fanno riferimento alla necessità di ottimizzazione del ROI di marketing 63%, seguita dall’obiettivo di analisi dell’impatto delle diverse attività di marketing (53%) e dall’aumento delle vendite (47%). L’adozione di un modello di attribuzione (MTA) fa riferimento alla necessità di ottimizzazione degli investimenti in advertising e alla volontà di valutazione dell’efficacia dei touchpoint digitali (per entrambi al 28%) seguite dalla necessità di individuare sinergie tra canali e monitoraggio di nuove iniziative (per entrambi 22%)».

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