Omnicanalità: nel 2022 solo il 6% delle imprese ha implementato una strategia avanzata

Osservatorio Omnichannel Customer Experience

Nel corso dell’evento “Omnichannel Customer Experience: alla ricerca della sinfonia vincente” sono stati presentati ieri i dati emersi dalla sesta edizione dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

«Se fino a qualche anno fa la trasformazione “cliente centrica” e omnicanale costituiva un volano di differenziazione competitiva, il contesto pandemico prima e l’incertezza economica poi hanno innalzato la priorità del tema: investire nel dialogo con i propri acquirenti e assumere una prospettiva integrata significa permettere alle aziende di ridurre alcune inefficienze di processo e di avviare un circolo virtuoso con il cliente stesso – dichiara Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience -. La trasformazione omnicanale è pervasiva e coinvolge l’intera organizzazione dal Marketing alla Logistica, dalla Produzione alle Vendite. Ciò richiede un forte commitment del vertice aziendale e, nella maggior parte dei casi, una profonda trasformazione organizzativa».

Il 75% circa delle imprese analizzate, infatti, ha intrapreso – seppur con differenti livelli di maturità – un percorso di trasformazione omnicanale. Nonostante, infatti, sia aumentata la consapevolezza e il coinvolgimento del vertice aziendale manca ancora un approccio chiaro e sistemico e un “direttore d’orchestra”, ossia un unico responsabile per l’Omnichannel Customer Experience (OCX), presente solo nel 36% delle aziende del campione.

Inoltre, solo il 15% delle aziende ha stanziato un budget complessivo per la trasformazione omnicanale. In questo momento storico il cliente chiede a gran voce di essere ascoltato e si aspetta di vivere delle esperienze sempre più fluide, personalizzate, coerenti e sinergiche. Circa il 60% delle esperienze che coinvolgono più di un canale (fisico e digitale) non soddisfa tuttavia queste aspettative.

La conoscenza del cliente alla base dell’omnicanalità

La concreta implementazione della trasformazione omnicanale presuppone la progettazione di una chiara data strategy, quale pietra angolare di un dialogo coerente e personalizzato con la propria customer base.

La maggioranza delle realtà analizzate si focalizza ancora esclusivamente su dati basici (come l’anagrafica o lo storico d’acquisto), mentre solo un gruppo ristretto (33%) gestisce dati più complessi in grado di abilitare una conoscenza più completa del cliente (come quelli provenienti da canali social, comportamentali o legati a feedback rilasciati).

Per superare tale ostacolo è possibile sfruttare l’elevata propensione del consumatore online a condividere proprie informazioni a fronte di un vantaggio (87% dei casi). Infatti, solo il 13% degli utenti internet si dichiara sempre contrario alla condivisione del dato (il 10% delle nuove generazioni, circa 20% dei baby boomers), la restante parte lo farebbe a fronte di un pagamento o vantaggio economico (40%), meno pubblicità (26%), assistenza più celere (26%), accesso a servizi o contenuti di valore (25%). Inoltre, le tecnologie adottate dalle aziende riflettono la situazione di luci e ombre.

La gran parte delle realtà utilizza ancora tool basici come fogli di calcolo e CRM tradizionali, e solo alcune (27%) hanno adottato strumenti evoluti come la Customer Data Platform, in grado di garantire una piena integrazione dei dati e di fornire una vista unica sul cliente.

L’omnicanalità nei processi di Marketing & Comunicazione e Customer Care

Una customer experience di successo si concretizza grazie alla trasformazione omnicanale dei principali processi di relazione con il cliente, in prima battuta Marketing & Comunicazione.

In questo processo sono utilizzate da tempo e in maniera diffusa alcune iniziative di comunicazione massiva con il cliente (come email con contenuti e/o offerte non diversificate), ma sono ancora poco sviluppate attività che abilitano una comunicazione data-driven.

Se, infatti, il 52% delle aziende intervistate afferma di avere attivato uno strumento di automazione in ambito marketing, che prevede, ad esempio, la possibilità di inviare comunicazioni automatizzate sulla base della fase specifica in cui si trova il cliente nel Customer Journey, d’altro canto, sono ancora poco sviluppate le attività preliminari di profilazione e di gestione personalizzata dei contenuti sulla base dei dati raccolti. Solo il 16% delle aziende analizzate ha costruito piani di interazione mirati sulle esigenze degli specifici clienti, per offrire “il contenuto corretto, sul canale corretto, nel momento corretto e con la frequenza corretta”

La maturità delle aziende è ancora molto bassa anche per quanto riguarda l’approccio al Customer Care: solo il 9% delle aziende ha implementato strumenti di deep analytics in grado, ad esempio, di prioritizzare le richieste in ingresso sulla base dell’urgenza e/o dello stato d’animo dell’utente. Tuttavia, si assiste a una lenta ma progressiva evoluzione del Customer Care come uno dei principali responsabili della gestione della relazione con i clienti: infatti, circa un’azienda su due aggiunge alle tradizionali attività di assistenza post-vendita anche quelle di assistenza tecnica, vendita e attività di “close the loop” (ad esempio, la gestione dei feedback negativi ricevuti dal cliente anche coinvolgendo altre funzioni aziendali).

5 cluster di maturità delle aziende

Oltre un’azienda su cinque (22%) risulta ancora ai primi passi: in questo cluster rientrano i player che hanno appena avviato il loro percorso verso la creazione di una omnichannel company e che mostrano, quindi, un approccio poco sviluppato rispetto a tutte le dimensioni di strategia, organizzazione, dati, tecnologie, execution.

Il gruppo più numeroso è quello delle aziende “Consapevoli” (39%) popolato da aziende con una discreta evoluzione strategico-organizzativa, ma che presentano ancora alcune carenze in ambito di data strategy, tecnologia ed execution.

A metà del raggruppamento si trovano le aziende “Intraprendenti” (13%), realtà organizzate sull’omnicanalità ma mancanti di alcuni elementi essenziali come un budget o un responsabile dedicato, e le “Strutturate” (20%), con buoni livelli su tutte le dimensioni analizzate ma con margini di miglioramento nel processo di raccolta e gestione dei dati sui clienti e in fase di Execution legata ai processi di gestione del cliente. Solo il 6%, infine, rientra nelle aziende “Avanzate”, cioè realmente mature in ambito omnicanale.

Queste realtà, che hanno lavorato complessivamente su tutte le variabili, possiedono modelli organizzativi e ruoli ben definiti, una cultura e iniziative omnicanale e data-driven diffuse, nonché un approccio evoluto alla misurazione degli impatti di tale strategia sul business aziendale.

«In uno scenario macroeconomico di difficoltà come quello attuale, perdere di vista le esigenze del consumatore può avere un effetto boomerang per le aziende – conclude Marta Valsecchi, Direttrice dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience -. Il miglioramento della soddisfazione del cliente ha, infatti, un impatto diretto sui ricavi, mentre l’ottimizzazione dei processi coinvolti nonché il ridisegno sostenibile del parco tecnologico a supporto, consentono di ridurre i costi e di liberare tempo a favore di attività di gestione del cliente».

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