Curated Marketplaces: le prospettive per il prossimo futuro

Il settore del programmatic advertising sta affrontando una fase di profonda trasformazione che porta con sé un significativo aumento di complessità, rendendolo più difficile da decifrare.

Alfonso Mariniello

Ad esempio, negli ultimi anni è aumentato il numero di fornitori di contenuti – così come il numero di dispositivi attraverso i quali è possibile accedere a questi contenuti -, e questa tendenza sembra sia destinata a continuare: secondo il report “The state of the open internet” di Jounce Media, 36 miliardi di dispositivi saranno connessi a Internet nel 2025, il 30% in più rispetto al 2018 (“The state of the open internet”, Jounce Media).

I marketer sono quindi costantemente alla ricerca di soluzioni semplici da attuare per affrontare le sfide odierne, che si tratti di attivare di campagne adv mirate in un mondo post-cookie, di fare chiarezza sui loro investimenti programmatici o di rispondere alla crescente preoccupazione per una maggiore sostenibilità.

In questo scenario, la curation si è dimostrata uno strumento potente e polivalente, adatto a rispondere a tali esigenze: secondo il Report “Attitudes to programmatic advertising” di IAB Europe, recentemente pubblicato, gli inserzionisti sono infatti sempre più propensi a rivolgersi ai curated marketplace come soluzione per trovare nuove audience (“Attitudes to Programmatic Advertising Report”, IAB Europe).

La curation è un processo in cui il “curatore” – che sia un editore, un fornitore di dati, un’agenzia, ecc. – crea pacchetti (chiamati tecnicamente curated deal) nei quali vengono combinati vari tipi di media con uno specifico valore aggiunto (dati unici, tariffe premium, ottimizzazione dei KPI, ecc). Questo permette, da un lato, di offrire ai buyer la possibilità di creare proposte nuove, per differenziarsi dal mercato e avere un migliore controllo sulla supply chain; dall’altro, permette agli editori di vendere i propri dati anche al di fuori del loro ambiente. Si parla di curation già da un paio d’anni e in questo periodo si sono via via compresi i suoi molteplici utilizzi. Ad esempio, la curation consente ai data providers di vendere i dati in modo più semplice: con una delivery multi-DSP (grazie all’integrazione in un solo segmento), con un maggiore controllo sui marchi che acquistano i dati e con previsioni migliori, combinando dati e KPI. Detto questo, quali sono le prospettive per il futuro dei curated marketplace? A mio parere, saranno principalmente tre le aree in cui la curation potrà emergere e distinguersi.

Fonte: Depositphotos

 

L’era post-cookie 

Nell’era post-cookie sarà particolarmente difficile per i buyer ottenere il reach che erano abituati ad avere. 

I buyer e le agenzie si affideranno dunque sempre più ad asset quali i dati di prima parte per ottenere informazioni sull’audience, integrandoli con soluzioni alternative per la questione dell’identità. Tuttavia, il vasto numero di soluzioni di identificazione fra cui scegliere renderà difficile – tanto per i buyer, quanto per gli editori – determinare quale sia, di volta in volta, la più adatta. 

I curator, in questo caso, possono anche diventare aggregatori (e/o collaudatori) di soluzioni di identità, fornendo dunque un reach “incrementale”, considerando che un curated deal può contenere al suo interno dati identificativi di prima parte provenienti da più fornitori. 

I curator possono anche aiutare i buyer a selezionare il fornitore migliore, misurando quali sono gli ID che generano maggiori prestazioni. Un buyer può quindi investire su un solo curated deal contenente tutti gli ID dei provider, anziché rivolgersi a ciascun ID partner e creare singoli accordi con loro.

Oltre alle soluzioni ID, abbiamo assistito recentemente anche all’ascesa dei curator contestuali, che spostano l’attenzione dall’utente al contenitore su cui si naviga, e credo che questi tipi di curator continueranno ad avere sempre maggior successo in futuro.

 

Supply Path Optimisation (SPO)

Negli ultimi anni, con la crescente complessità del segmento del programmatic advertising, abbiamo assistito a un aumento della domanda da parte del buy-side per un media-buying più diretto, efficiente e trasparente. Sulle piattaforme end-to-end è nata la Supply Path Optimisation (SPO), che ha permesso di ridurre gli intermediari; questo, però, ha comportato anche una riduzione della qualità dell’inventory finale. Con i curated marketplace, i curator hanno la possibilità di scegliere direttamente i loro editori preferiti, i fornitori di dati, ecc. e di confezionarli in modo trasparente per l’acquirente.

Alcune piattaforme, come Xandr Curate, consentono agli acquirenti di puntare alle offerte che hanno, ad esempio, uno specifico numero di passaggi nella supply chain. Più in generale, la curation può consentire agli acquirenti di riprendere il controllo dell’origine del proprio inventario, decidendo di collaborare con curator che si impegnano a curare l’offerta migliore e più diretta, tenendo conto degli obiettivi e dei bisogni dell’inserzionista (brand safety, KPI di visibilità/completamento, audience, ecc.).

 

Più advertising sostenibile

Un altro argomento che sta diventando sempre più un tema centrale per gli operatori del settore è quello che ha a che fare con la misurazione, la riduzione e la compensazione delle emissioni di carbonio. 

Internet causa, infatti, il 4% delle emissioni globali (con il dato che sembra essere attualmente in ulteriore crescita) e il settore del programmatic è un ovvio punto di partenza per provare a ridurre questo impatto. Poiché gli inserzionisti iniziano a compiere passi concreti verso la riduzione delle loro emissioni, credo che assisteremo a una moltiplicazione di nuovi attori in questo campo; la curation potrebbe essere un modo efficace per confezionare offerte “green-media”.

In breve, i curated marketplaces possono diventare la forza trainante dell’innovazione nel settore del programmatic e fornire gli strumenti necessari per apportare un cambiamento duraturo e creare un impatto positivo nei prossimi anni. Pertanto, i marketer dovranno tenerli in considerazione nel loro processo decisionale nel prossimo futuro.

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