Nielsen, inclusione LGBTQ+ in miglioramento ma c’è ancora da fare

I settori con le adv più rappresentative sono Moda, Profumi e Bellezza

Nielsen ha pubblicato due ricerche all’interno della sua serie di report LGBTQ+ Diverse Intelligence Series del 2022: Seeking Authenticity: A View of International LGBTQ+ Media Perceptions. La prima, basata su un’indagine internazionale effettuata da Dynata nel 2021 e nel primo trimestre del 2022, ha raccolto le risposte di circa 5.500 persone di Stati Uniti, Canada, Messico, Italia, Germania, Francia, Brasile, Spagna e Regno Unito. La seconda, svolta a giugno sempre in collaborazione con Dynata esclusivamente in Italia, ha coinvolto 800 soggetti: 400 persone della comunità LGBTQ+ e 400 della popolazione rappresentativa totale.

 

La ricerca a livello globale

L’indagine internazionale mostra come gli intervistati LGBTQ+ considerino i contenuti in streaming più inclusivi del proprio gruppo di identità rispetto ad altre piattaforme multimediali. In media, il 69% del pubblico LGBTQ+ globale ritiene che si stiano compiendo sforzi per migliorare l’inclusività nei media, ma il 27% afferma che il livello di inclusione non sia di fatto cambiato. Infine, una piccola percentuale è dell’opinione che l’inclusione sia diminuita negli ultimi anni. In Italia, soltanto il 2% degli intervistati appartenenti alla comunità LGBTQ+ percepisce una riduzione dell’inclusione nei media negli ultimi due anni.

In merito alle piattaforme, rispetto agli intervistati di orientamento eterosessuale, il pubblico LGBTQ+ è il 10% più propenso a considerare i servizi di streaming come il canale multimediale più inclusivo ed il 5% più incline a ritenere che i social media siano più inclusivi. Sebbene l’inclusione di persone LGBTQ+ nei media sia aumentata significativamente negli ultimi 20 anni, è necessario fare molto di più. Secondo i dati video globali di Gracenote, nel mese di febbraio 2022 erano presenti oltre 817.000 titoli video unici in servizi Tv tradizionali e streaming, ma soltanto 1.000 relativi al tema LGBTQ+.

E infatti, tra il 2020 e il 2021, il numero di nuovi titoli riferibili a questo tema è diminuito da 50 a 36. I brand sono chiamati a una riflessione sull’opportunità di sviluppare contenuti creativi più inclusivi nella rappresentazione dei consumatori. Più di un terzo degli intervistati della comunità LGBTQ+ a livello globale si trova a proprio agio con campagne pianificate per il proprio target. In Italia, tra coloro che si ritengono targettizzati in base all’orientamento sessuale (23%), il 36% afferma di sentirsi a proprio agio. Tra i nove Paesi, più della metà degli intervistati LGBTQ+ negli Stati Uniti e in Messico ha indicato di essere aperta a brand message diretti alla loro comunità. 

La percezione delle persone LGBTQ+ su come l’inclusione nei media e nelle pubblicità si sia evoluta cambia a seconda dell’orientamento sessuale e del Paese. Sebbene l’inclusione globale stia migliorando, si concentra principalmente su identità gay e lesbiche, lasciando molti gruppi ampiamente sottorappresentati. Ad esempio, l’80% di uomini transgender e il 69% di bisessuali / pansessuali ritiene che le pubblicità non siano inclusive.

 

La ricerca sul campione italiano

La ricerca condotta esclusivamente in Italia su 800 persone in totale aggiunge ulteriori informazioni a quella internazionale. La comunità LGBQT+, ad esempio, si dimostra curiosa verso un’ampia varietà di contenuti mediali. Il 31% manifesta un forte interesse verso quelli che tematizzano la loro identità, percentuale che sale al 42% nel target under 34. 

Netflix è considerata la piattaforma più inclusiva, dove ci si sente maggiormente rappresentati (82% del campione LGBTQ+), nonché quella che, a detta degli intervistati, investe di più nella produzione e nell’acquisizione di contenuti pensati appositamente per loro. Oltre a Netflix e alle altre piattaforme di streaming, i contenuti social di influencer e amici/familiari sono percepiti come maggiormente inclusivi. 

Tra tutti i media, i social network, sempre più usati da Millennial e Generazione Z,  sono considerati come un luogo in cui la rappresentazione dell’universo LGTBQ+ viene proposta in maniera organica attraverso la condivisione dei contenuti degli utenti della comunità stessa in un flusso di conversazioni e immagini.

In questo contesto, Nielsen ha dedicato una sezione dello studio per sondare l’inclusività dei media digitali, sulla base dei loro contenuti e del messaggio che veicolano ogni giorno sulle piattaforme social. Freeda, media digitale nato proprio per rappresentare i valori dell’inclusività e della diversità, è stata considerata tra i soggetti presi in esame dal sondaggio, la più inclusiva sia dalla comunità LGBTQI+ sia dal campione totale, secondo il 66% degli intervistati complessivi. 

Le descrizioni e le immagini che accompagnano i titoli sono il principale driver di scelta dei contenuti mediali offerti dalle piattaforme di streaming. Tuttavia, in ottica esplorativa, il 60% del target LGBTQ+ e il 50% del totale della popolazione apprezza l’opportunità di ricevere consigli su produzioni differenti dai propri interessi abituali. Oltre il 50% del target LGBTQ+ ritiene importante che ci siano più personaggi e attori a rappresentare la loro comunità, (della stessa opinione è anche il 30% della popolazione).

I più giovani ritengono fondamentale una corrispondenza tra attori e ruoli LGBTQ+. Per quanto riguarda i messaggi promozionali, il 71% del target LGBTQ+ ritiene che la pubblicità sia diventata maggiormente inclusiva negli ultimi 2 anni e sono soprattutto i giovani a pensarlo (83%). I canali dove la pubblicità viene considerata maggiormente inclusiva sono gli influencer e i social media (circa 30% ciascuno).

I settori merceologici la cui pubblicità è percepita come più inclusiva sono quelli della Moda, dei Profumi e della Bellezza. Il 23% del target LGBQT+ pensa di essere stato targettizzato negli ultimi 2 anni in base all’identità sessuale, contro il 9% dell’intera popolazione. Solo il 36% si è sentito molto a proprio agio in seguito a questa targetizzazione. Tanto che il 50% reputa che i brand non dovrebbero targettizzare gli individui in base al loro orientamento sessuale.

Ciò non toglie che il target LGBTQ+ sia maggiormente interessato a ricevere messaggi affini al loro stile di vita rispetto alla popolazione nel suo complesso. I brand sono quindi chiamati a fare una riflessione su come bilanciare privacy e rilevanza nelle campagne pubblicitarie. Infine, il sondaggio mostra che il 40% del totale della popolazione si sente un alleato della comunità LGBTQ+, la cui percezione di questa solidarietà aumenta con il diminuire dell’età, raggiungendo l’84% negli under 34.

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