Il marketing parla inglese, vero carburante del business interculturale

Le imprese che padroneggiano questa lingua hanno un vantaggio competitivo, creando messaggi persuasivi, slogan memorabili e storie coinvolgenti che risuonano a livello globale. Ne parliamo con Giovanni Rovelli, Senior Marketing Executive di Pearson

Nell’arena competitiva del marketing globale, non c’è alcun dubbio: la lingua inglese è la vera rockstar. Con il suo appeal universale domina il palcoscenico delle comunicazioni globali diventando il catalizzatore di connessioni profonde e strategie di branding vincenti. È il linguaggio che attraversa confini, consentendo a messaggi, idee e storie di viaggiare senza ostacoli, creando connessioni che superano le barriere geografiche. 

Giovanni Rovelli

«È la chiave maestra che apre le porte all’espansione e alla collaborazione, consentendo alle aziende di estendere la propria presenza e di stringere alleanze con partner commerciali in ogni angolo del pianeta – spiega a Touchpoint Giovanni Rovelli, Senior Marketing Executive di Pearson -. È un catalizzatore che trasforma le sfide multiculturali in opportunità, aprendo un orizzonte di successo senza confini. Investire nell’apprendimento della lingua inglese significa investire nel proprio futuro». 

Pearson, editore leader mondiale nel settore education, ha recentemente pubblicato i risultati di una ricerca commissionata a PSB Insights e condotta in Italia, Arabia Saudita, Florida, Giappone e Brasile per sondare l’impatto della conoscenza della lingua inglese come “carburante” per una vita migliore a 360°. In tutti i Paesi oggetto dell’indagine (eccezion fatta per il Giappone che appare ancora linguisticamente “chiuso”) questa rilevanza è pienamente riconosciuta da oltre l’85% degli intervistati e lo sarà ancora di più nei prossimi cinque anni.

 

Come è l’inglese degli italiani? Bene ma non benissimo!

In Italia, il percorso medio di apprendimento dell’inglese dura 6,6 anni con il 64% che ha imparato l’inglese esclusivamente a scuola e il 23% che ha imparato l’inglese sia a scuola sia all’università. Poco più della metà degli italiani (55%) afferma di aver raggiunto un buon livello di inglese attraverso l’istruzione formale contro il 45% globale.

In Italia, come in altri mercati, l’ostacolo più significativo all’apprendimento dell’inglese è la mancanza di tempo (39%), seguita dal divario tra istruzione formale e requisiti sul posto di lavoro (34%) e limitate opportunità di praticare (32%).

Non è un caso che la classificazione di “inglese scolastico” corrisponda a una conoscenza della lingua di livello minimo. Rispetto alle altre nazioni, inoltre, l’Italia si distingue per essere l’unica che riconosce a questa competenza il ruolo di fattore chiave nel momento in cui l’intelligenza artificiale dovesse portare alla ricerca di un’alternativa professionale.

«Infatti l’80% delle persone intervistate ritiene che la conoscenza dell’inglese sia una condizione fondamentale per avere vantaggi a livello economico in campo lavorativo, tanto che il 40% ritiene che una buona conoscenza della lingua inglese possa portare a un aumento salariale del 50-80% -. Nel nostro Paese, 9 persone su 10 ritengono che conoscere l’inglese sia importante per la propria vita lavorativa (91%). Più del 50% utilizza l’inglese in contesti lavorativi, ma solo il 28% della classe dirigenziale afferma di saperlo parlare benissimo, mentre un 61% ritiene di avere una buona conoscenza della lingua», sottolinea Rovelli.

Nel mondo del marketing l’importanza di conoscere l’inglese è cresciuta esponenzialmente nel momento in cui la tecnologia è diventata pervasiva nella vita quotidiana di tutti noi. Termini come social network, brand, benchmark, positioning, brainstorming e key words sono ormai di uso comune per la marcom community. Infatti, per lavorare in questo settore la conoscenza della lingua inglese a livello professionale è tanto importante quanto il possesso di una laurea.

«L’uso dell’idioma continua a evolversi a seguito della globalizzazione e delle innovazioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale e chatbot – conclude Rovelli -. I social media hanno trasformato il modo in cui interagiamo e comunichiamo con gli altri. La mescolanza linguistica, lo slang e i neologismi sono il risultato di un’ottima proprietà linguistica che deve essere continuamente aggiornata. La padronanza di una lingua non è solo un vantaggio competitivo, ma una necessità per il successo nel commercio internazionale». 

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