La buona comunicazione fra guerra e pandemia: le “emergenze” terreno fertile per le fake news

Il 97,3% degli italiani nell’ultimo anno ha cercato notizie su tutte le fonti disponibili. L’83,4% si è imbattuto almeno in una fake news sulla pandemia e il 66,1% in una notizia falsa sulla guerra russo-ucraina. Sono solo alcune delle evidenze emerse dal Secondo Rapporto Annuale Censis-Ital Communications sulla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana, che nasce all’interno dell’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulla comunicazione e sulle agenzie di comunicazione. Lo studio, giunto alla sua seconda edizione, è stato presentato ieri a Roma presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica.

Dallo studio emerge come 41 milioni di italiani si siano informati sui media tradizionali. Nel biennio 2019-2021 gli utenti del web sono aumentati di 4,2 punti percentuali e sono l’83,5% della popolazione. Milioni di persone hanno poi utilizzato social media e messaggistica istantanea, diventando essi stessi protagonisti e moltiplicatori di quello che leggevano e ascoltavano. Sono oltre 7 milioni gli italiani che hanno costruito un palinsesto informativo fatto solo di media online, siti web e social media. Questa enorme molte di informazione si è accompagnata a false notizie e disinformazione: il 57,7% degli italiani lamenta di avere un’idea molto o abbastanza confusa di quello che sta succedendo nella guerra tra Russia e Ucraina.

Il pubblico delle fake è enorme e la loro viralità supera quella delle notizie vere. Il 64,2% degli italiani ritiene che durante l’emergenza sia stata privilegiata la spettacolarizzazione e la voglia di fare audience piuttosto che un’informazione tesa alla comprensione dei problemi. Di fronte alla confusione informativa il 45,5% degli italiani si rivolge a fonti informali di cui si fida di più, ma è in questi ambienti che si producono e diffondono notizie false attraverso post, like e condivisioni. Tra le persone di cui gli italiani si fidano, anche come fonti informative, ci sono gli influencer: il 38,1% segue le loro opinioni e analisi sulla guerra.

Il ruolo delle agenzie di comunicazione

Per frenare disinformazione e fake news occorre attuare regole più severe per piattaforme e social media, programmi di educazione al digitale e promozione di una comunicazione di qualità gestita da professionisti. Le emergenze insegnano che la capacità di comunicare è essenziale per gestire le crisi e ottenere un rapporto di collaborazione e di fiducia fra cittadini e istituzioni. C’è bisogno di professionisti che guidino le aziende e le istituzioni nella comunicazione. Il loro ruolo è fondamentale per combattere fake news e disinformazione. Nel 2021 in Italia sono attive 4.445 agenzie di comunicazione e pubbliche relazioni, al cui interno lavorano 8.290 professionisti, per una media di circa due addetti per ciascuna agenzia.

«Con il Covid prima, con la guerra poi web e social sono entrati a pieno titolo all’interno dell’ecosistema dell’informazione, e ci resteranno anche nel futuro. I professionisti dell’informazione devono prenderne atto e cercare i modi per influenzare positivamente il web che è e deve rimanere uno strumento di libertà e di democratizzazione», ha spiegato Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis. Secondo Domenico Colotta, Founder di Ital Communications: «Il Rapporto Censis-Ital Communications, anche nell’edizione di quest’anno, rileva che in campo informativo siamo in presenza di un’infodemia comunicativa che genera confusione e ansia, avendo la meglio sulla corretta informazione. In questi mesi, infatti, riguardo il conflitto russo-ucraino, possiamo parlare di comunicazione di guerra e non di informazione sulla guerra».

Secondo Alberto Barachini, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai: «Dobbiamo lavorare tutti insieme, istituzioni e testate giornalistiche, con il fine di certificare le fonti ed offrire al cittadino delle informazioni serie e corrette per evitare il diffondersi di fake news. Il servizio pubblico dovrebbe essere l’attore principale, considerato che svolge un ruolo fondamentale. In tal senso, gli opinionisti e gli esperti coinvolti nei salotti televisivi devono essere preparati e garantire informazioni di qualità per non generare confusione comunicativa».

Giuseppe Moles, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria e all’informazione, ha dichiarato: «Ringrazio il Censis e Ital Communications per aver presentato questo Rapporto da cui emergono dati molto interessanti e che possono fornire nuovi spunti. L’informazione va difesa in quanto rappresenta un interesse nazionale, ma non va indirizzata. In tal senso, l’impegno del Governo è quello di sostenere l’intera filiera per rispondere alle sfide di un mondo che è profondamente cambiato. Si può contrastare la disinformazione solo attraverso la collaborazione di tutti gli attori del sistema a partire da famiglie, scuole e istituzioni».

«In tale contesto – ha spiegato Attilio Lombardi, Founder di Ital Communications – le agenzie di comunicazione possono certificare, utilizzando fonti affidabili e verificate, la correttezza delle notizie che producono e distribuiscono. Tutto ciò è una garanzia per il funzionamento delle moderne democrazie, oltre che per la tutela della dignità delle persone».

Per Andrea Monda, Direttore dell’Osservatore Romano: «La libertà di stampa è un principio cardine che rappresenta anche la cartina al tornasole della democrazia. Ma la libertà senza responsabilità è parziale. Il Rapporto impone a noi comunicatori una riflessione autocritica. L’informazione sembra ormai disgregata e affidata all’arbitraggio del singolo, pertanto occorre interrogarsi sull’importanza di recuperare il ruolo della comunità».

Si può ascoltare online il nuovo podcast “Interpreti del Paese” sul Secondo Rapporto Annuale Censis-Ital Communications sulla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana:

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