L’effetto della pandemia sulle start up italiane: oggi 7 su 10 fatturano meno di 100.000 euro

Già nel 2022 si prevedono crescita di bilanci e assunzioni

I due anni di pandemia hanno inevitabilmente trasformato il panorama delle start up italiane, che si sono però dimostrate resilienti e propositive nei confronti del futuro prossimo. Rispetto a un’analoga survey svolta 5 anni fa, il 2021 ha evidenziato un calo di fatturati medi e uno spostamento dal B2B al B2C, ma per la maggior parte delle nuove realtà imprenditoriali il 2022 sarà già l’anno della ripresa, al netto delle persistenti difficoltà nell’accesso al credito.

Queste alcune delle evidenze emerse dalle ricerche presentate da InnovUp, Camera di Commercio di Milano, Monza Lodi e Brianza e Associazione Startup Turismo durante l’evento “Le startup italiane dopo il Covid19: dati e storie di resilienza”.

Secondo la ricerca “L’identikit delle startup italiane dopo il Covid-19” condotta da InnovUp, l’81,4% delle start up intervistate si colloca tra la fase di pre seed e post seed, e il 70,9% dichiara di aver raccolto meno di 100.000 euro. Le maggiori difficoltà riscontrate sono la mancanza di reale interesse degli investitori o la difficoltà nel finalizzare il closing, che portano il 41,8% dei rispondenti a dichiarare la mancanza di liquidità come principale punto di debolezza. Il 54,1% dei rispondenti dichiara di essere intenzionato ad assumere nei prossimi mesi un numero considerevole di risorse umane, mentre il 40,4% delle aziende innovative manterrà invariato il numero di dipendenti (una razionalizzazione dell’organico è invece prevista dal solo 5,7%).

Incrociando la variazione delle risorse umane con quella del fatturato delle imprese innovative che hanno partecipato all’indagine, si può notare come minore è il fatturato dell’impresa, maggiore è la tendenza alla riduzione del numero dei dipendenti, mentre la crescita, sebbene tendenziale, si registri maggiormente nelle realtà che hanno registrato un fatturato da 500.000 euro in su. La criticità maggiore riguarda ancora l’accesso al credito, mentre esiste una maggiore propensione in ambito di capitale raccolto da parte dei finanziatori (Equity).

Su questo tema, l’aspetto nettamente più complesso si riscontra nell’incontro di investitori realmente interessanti (60,2% dei rispondenti), seguito dalla fatica a finalizzare l’investimento (30,5%), dal concordare sulla valutazione della startup o sulla percentuale di partecipazione del capitale del nuovo investitore (25,6%) e dal concordare sulla governance societaria all’ingresso del nuovo socio (13,4%).

Analizzando infine i dati raccolti dall’Associazione Startup Turismo (che dal 2013 rappresenta le start up italiane operanti nei settori Turismo e Cultura) sul periodo 2020-2021 fornendo una panoramica più generale che comprende anche dati di carattere demografico, emerge subito il brusco arresto della natalità come conseguenza dell’avvento della pandemia, a cui è seguita invece, nel 2021, un’inversione di rotta con un calo della mortalità fisiologica. In questo scenario si è verificata una crescita del fatturato medio del 38% (da 235 a 350 mila euro), complice anche un maggior tasso di mortalità nel 2020.

Anche il valore dei round è aumentato del 7% tra il 2020 e il 2021, un dato trainato da alcuni finanziamenti di ammontare sopra la media. In controtendenza al periodo sfavorevole si rileva anche un aumento dell’organico delle start up: le imprese emergenti restano ancora piccole, ma fanno registrare un aumento del 7% delle assunzioni.

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