“Italiani & Influencer”: sul podio Chiara Ferragni, GialloZafferano e Benedetta Rossi

Presentata la ricerca realizzata da Buzzoole, InfoValue e Mondadori Media sui macro influencer

Dei circa 20 milioni gli italiani tra i 18 e i 54 anni che hanno scelto di seguire almeno un influencer, il 48% segue un macro influencer. Una categoria che  include non solo persone, ma anche brand editoriali con profili social di spicco nelle community di riferimento, riconosciuti per l’autorevolezza.

Proprio i macro influencer sono al centro della ricerca “Italiani & Influencer” realizzata da Buzzoole, InfoValue e Mondadori Media, e presentata ieri, con l’obiettivo di indagare a fondo le opinioni degli italiani nei confronti di una categoria sempre più importante nei consumi. L’indagine quantitativa ha coinvolto oltre 1.500 intervistati, rappresentativi degli italiani di età compresa tra i 18 e i 54 anni, utenti della rete.

I risultati sono stati presentati da Vincenzo Cosenza, CMO di Buzzoole. «Abbiamo analizzato nove settori: Salute e Wellness, Famiglia e Figli, Intrattenimento, Tecnologia e Scienza, Beauty, Fashion, Food, Travel, Motori – ha introdotto -. I macro influencer sono seguiti su Instagram (67%), su Fb (59%), su YT (53%), su TikTok (9%) e su Twitch (4%). Il 37% li segue ogni giorno, un altro 37% per 2 o 3 volte ogni 2 o 3 giorni, il 18% una volta a settimana e l’8% raramente. Mediamente gli utenti dichiarano di seguire circa 3,6 tematiche delle nove oggetto di questa indagine: le donne hanno preferenza su Beauty, Fashion, Food e Famiglia, gli uomini su Motori, Tech e Intrattenimento, i 18-34enni prediligono Tech e Motori, i 35-44enni Family e Wellness. Al primo posto della notorietà spicca Chiara Ferragni (85%) seguita da GialloZafferano (72%), che viene quindi percepito come influencer pur non essendo una persona fisica. Seguono nella top ten: Benedetta Rossi (71%), Salvatore Aranzulla, Clio Zammatteo (Clio Make Up), Casa Surace, Donna Moderna, Vanity Fair, My Personal Trainer e Valentina Ferragni. Dalla ricerca è emersa una concreta validazione della funzione commerciale di influencer e brand editoriali: il 54% si aspetta un ruolo di tutor nella spiegazione e nell’approfondimento delle caratteristiche di un prodotto, il 47% li segue perché fanno scoprire un nuovo prodotto, il 41% chiede loro delle informazioni su dove e quando acquistare un prodotto, il 27% ricerca l’aspetto di trend setting. Relativamente alla considerazione dei loro consigli prima di un acquisto il 34% ha risposto molto o moltissimo, il 52% abbastanza e il 15% poco o per niente».

«Lavorando su clienti etoregenei, da tempo ci siamo accorti che non esiste l’influencer buono per tutti e che i progetti di Influencer Marketing non possono essere standardizzati – ha commentato Gianluca Perrelli, CEO di Buzzoole -. Le aziende dovrebbero variare sia in funzione dell’industry sia dello stadio del funnel a cui si vuole associare la campagna stessa. I bisogni dei brand sono sempre più sofisticati e richiedono progetti super customizzati. Quando si fanno campagne di IM ci si deve confrontare con il modo in cui l’influencer viene percepito dalla propria audience prima di associarlo a un obiettivo di marketing che sia di awareness, di consideration o di conversion. Quindi da una parte la ricerca e la qualificazione dei giusti creator, dall’altra un’adeguata content strategy».

«I brand editoriali si differenziano non solo dagli influencer ma da quello che sono stati fino a ora, perché prima dei social erano una “guida”, poi si sono affiancati gli influencer e il brand editoriale ha mantenuto complessivamente questa funzione su tutti i mezzi ma sui social si è dovuto trasformare: prima c’era una “disparità” tra brand e lettore, in questo momento è quasi l’inverso e il brand deve mettersi in secondo piano e diventare un servizio per chi fruisce del messaggio – è intervenuto Andrea Santagata, Direttore Generale di Mondadori Media -. Il contenuto sui social è molto legato a soddisfare un need della persona che lo sta guardando. E non ci è consentito sbagliare: la ricetta su GialloZafferano anche sui social non può mai essere un gioco, il contenuto è il servizio e il protagonista non è GialloZafferano ma è la persona che la sera a casa deve poter realizzare quella ricetta. In questa nuova relazione noi, quindi, ci poniamo alla pari e diventiamo un “amico”. Non tutti i brand editoriali sono riusciti a fare questo percorso ma la ricerca evidenzia, in maniera chiara, come alcuni di essi, quelli più verticali e con linguaggi e approcci più vicini alle persone, abbiano mantenuto o addirittura rafforzato questo ruolo, anche nel sempre più importante ambito dei social media».

Spazio anche alle aziende con Elisabetta Corazza, Head of Digital Marketing di Danone Italia. «Gli influencer vengono scelti per la loro follower base e questo è un salto abbastanza importante rispetto al concetto di testimonial – ha commentato -. Ci sono dei brand anche nel nostro portfolio che non hanno bisogno di influencer, ma altri sì e con loro si deve creare una relazione continuativa, un “matrimonio”. Ovviamente e le aziende si fanno domande su chi siano i partner giusti per proporre contenuti credibili e sul ritorno dell’investimento. La misurazione diventa un punto fondamentale: non siamo più in una fase di test».

La ricerca completa, realizzata nell’ambito del progetto WeTalks di Mondadori Media, è disponibile su www.buzzoole.com e www.wetalks.it.

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