Officina Talenti – Un permesso per essere migliori

Un’intelligenza artificiale che riconosce la nostra voce, capace di leggere la nostra scrittura, accorgersi della nostra camminata ci costringe davanti a un bivio: usarla per automatizzare e competere con noi, oppure usarla per collaborare e renderla il nostro compagno ideale.

©Bence Boros on unsplash

Tom Gruber, creatore di Siri, al TED2017 parlò di “AI Umanistica” per definire un’intelligenza artificiale al servizio degli umani, capace di potenziarne abilità e di aiutarlo a superare i propri limiti cognitivi, oltre che fisici. Malati di Alzheimer aiutati dalla voce di un device a ricordare il nome delle persone, permettendo loro di emergere dall’isolamento. 

Una persona tetraplegica capace di connettersi con persone da tutto il mondo utilizzando la sua voce per gestire i messaggi e le e-mail. Proprio la voce, nell’ultimo step del processo di avvicinamento tra interfacce digitali e umani, è capace ancora una volta di rimettere tutto in gioco e aprire infiniti orizzonti e catastrofici effetti collaterali. La voce, in entrata, vince per distacco su ogni atro metodo. 

La scrittura, strumento di input a oggi più usato, si forma alla velocità di 40 parole al minuto, distaccata dalle 130 parole della comunicazione verbale. Lo stesso vale per l’ascolto: ascoltiamo molte più parole di quanto potremmo fare leggendo sullo schermo di un device (circa il doppio più veloce). 

Cosa può succedere quando gli assistenti vocali saranno in grado di capire alla perfezione la nostra voce e di rispondere in modo tempestivo e coerente? Nella costante richiesta di ottimizzazione dei tempi, efficienza, convenienza (pigrizia), è possibile che nel futuro si preferirà parlare con un device e ascoltarne le risposte in uno schiocco di dita, piuttosto che sedersi davanti a un desktop o digitare sul proprio smartphone mentre si cammina in una via affollata. 

Ecco che spuntano problematiche rilevanti, soprattutto per la libertà di scelta delle persone: cosa succede se il 50% degli utenti (sarà così secondo ComScore per il 2020) utilizzerà la voce per chiedere a un dispositivo di Google di portargli una pizza?

Alec Conti, Fondatore di UNIlancer

Le opzioni sono due:

1. Google ci manderà la pizza dal forno di sua proprietà

2. Permetterà di farlo al ristorante che pagherà di più per scalare la classifica

Pensando al margine sui ricavi dei ristoranti, e di quasi tutte le altre attività commerciali, la seconda opzione vacilla in partenza. Un report di Statista suggerisce un altro indizio a supporto del nuovo trend. Nel 2018, in India, più di 390 milioni di persone hanno avuto per la prima volta accesso a internet grazie agli smartphone. Solo nel 2023, si prevede supereranno 500 milioni gli utenti che approfitteranno dell’accessibilità dei costi del mobile per connettersi alla rete. 

La prematura urgenza di rimodellare la logica mobile-first in mobile-only posiziona inevitabilmente la voce a essere la tecnologia abilitante per qualsiasi tipo di compito, i più complessi in primis. Per tornare a Gruber e farci contagiare dal suo entusiasmo per l’avvento di quelli che tanti considerano la seconda rivoluzione industriale, la capacità di raccolta dati e apprendimento della macchina, abbinata alla sua perfetta simbiosi con l’uomo, crea con esso una relazione direttamente proporzionale: se la macchina diventa più intelligente, l’uomo lo diventa a sua volta. Questo approccio all’intelligenza artificiale diventa così la nuova intelligenza da condividere, su cui sensibilizzare e su cui puntare per il futuro. La nuova speranza di poter parlare e rispondere a oggetti poco umani, ma capaci con il nostro permesso di renderci – umani – migliori.

 

UNIlancer (www.unilancer.it) è la piattaforma che permette alle aziende di collaborare con i migliori talenti dalle Università d’Italia

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