Gare media: UPA, UNA ed FCP firmano il protocollo d’intesa

Presentato ieri a Milano il documento che punta a rendere più trasparente il mercato

Ci è voluta una gestazione di un anno e mezzo per arrivare al protocollo d’intesa per la gestione delle gare media. Tempi lunghi che denunciano la difficoltà a far combaciare interessi e sensibilità diversi. Il documento, firmato da UNA – Aziende della Comunicazione Unite, UPA e FCP, è stato presentato ieri a Milano presso la sede dell’associazione che raccoglie i principali investitori pubblicitari. Non prescrizioni, ma linee guida, “nel pieno rispetto del diritto della concorrenza”, tengono a ribadire i promotori. Si tratta di raccomandazioni, raccolti in 20 articoli, che hanno lo scopo di rendere il mercato più trasparente e funzionale agli interessi dei diversi player. Nessuna coercizione o sanzione sono previste. Funzionerà? Ai posteri l’ardua sentenza. Tanto dipenderà dalla buona volontà dei singoli e dalla capacità delle associazioni promotrici di questo accordo di spiegarne in vantaggi pratici. Le gare, del resto, smuovono una buona fetta dei budget del settore della comunicazione. Nel 2019 le gare media sono state 62, per un valore di circa 600 milioni di euro, solo 17 di queste con budget superiori ai 10 milioni. Oltre il 55% del valore totale dei budget è stato gestito tramite auditor. Le nuove linee guida hanno l’ambizione di portare a un deciso cambio di passo, allineando il nostro Paese alle best practice europee, in coerenza con le indicazioni già introdotte da EACA, l’associazione europea delle agenzie di comunicazione, e WFA, la federazione internazionale degli investitori in pubblicità.

«Sono linee guida definite insieme con l’obiettivo di portare un po’ più di trasparenza. Un valore che per noi è imprescindibile», ha dichiarato il Presidente di UPA Lorenzo Sassoli de Bianchi, aprendo i lavori e ricordando le osservazioni dell’AGCOM che in passato ha definito opaco il sistema della pubblicità. «Un tema centrale nella relazione fra aziende e centri media è quello della giusta remunerazione – ha continuato -. I centri media non sono più solo intermediari, non ci aiutano più solo a comprare pubblicità, ma anche a districarci in un mercato sempre più complesso. Allo stesso tempo chiediamo ai nostri partner di essere al nostro fianco nel pretendere delle rilevazioni che siano veramente efficaci». Il Presidente di UNA Emanuele Nenna ha sottolineato la portata dell’accordo: «Essere tutti dalla stessa parte non è una cosa scontata – ha detto -. La parola chiave è responsabilità. Per noi è stata l’ennesima occasione di confronto con UPA, mentre la novità è la collaborazione con FCP. Questa è la dimostrazione che il mercato ha voglia di superare le prese di posizione di parte».

Un accordo che idealmente vorrebbe coinvolgere anche i grandi player della comunicazione che sono fuori da UNA: «Da parte dei centri media di Publicis Groupe e da WPP c’è un atteggiamento non ostile, anzi credo che il rapporto sia migliorato e ci sia una condivisione dei principi – ha chiarito Nenna -. Ma io non mi accontento, anche perché operazioni come questa danno il senso dell’importanza di essere parte di un’associazione». «Siamo entrati in questo progetto in un’ottica di sistema per far capire che il ruolo della concessionaria non è solo quello di vendere, ma di collaborare per rappresentare al massimo la qualità dei mezzi di informazione – è il parere di Massimo Martellini, Presidente di FCP -. Il nostro rapporto con i centri media è in continuo e positivo confronto. Organizzare le gare sulla base di principi condivisi da tutta la filiera significa potenzialmente rendere disponibili per i media owners, attori fondamentali del mercato, risorse in termini di raccolta pubblicitaria da reinvestire per continuare a sviluppare prodotti editoriali sempre più appetibili per gli inserzionisti. È chiaro che si tratta di un punto di partenza e non di arrivo». A beneficiare di queste linee guida saranno gli inserzionisti grazie a valutazioni più oggettive delle capacità delle singole agenzie, le agenzie media che avranno accesso a sistemi di gara più equi e trasparenti, il sistema dei media che potrà offrire le migliori condizioni commerciali, gli auditor che potranno accrescere la loro reputation e la loro professionalità.

Il dettaglio del documento è stato esposto da Paolo Stucchi, CEO di Dentsu Aegis Network Italia e associato UNA nonché parte del progetto sin dagli esordi. «Lo scopo è quello di risalire la corrente e di portare valore al mercato – ha introdotto -. Sono sei i principi che stanno alla base del lavoro. I Dati, quelli che vengono messi in gioco da tutte le parti durante una gara, che vanno protetti e poi restituiti ai titolari e distrutti a fine processo. Le Worst e le Best Practice: nella costruzione dei bandi di gara si consiglia di esplicitare il più possibile tutti i KPI, sia di efficienza sia di efficacia, e la durata del processo e di dare un feedback alla fine sulle motivazioni di scelta. Tra le Worst Practice c’è la condivisione delle proposte di prezzo in logica comparativa. Gli Auditor sono un fenomeno recente e delicato che sta rivestendo un ruolo sempre più centrale: devono garantire indipendenza, obiettività, professionalità, nessun conflitto di interessi, licenze per l’uso di strumenti di misurabilità delle performance. L’Uso di Benchmark e Pool di mercato: i dati raccolti non possono contribuire alla loro costruzione, quindi un Auditor che intenda utilizzare il proprio pool per valutazioni media deve indicare la dimensione, l’età dei dati e la composizione per categorie merceologiche. Chiarezza di ruolo e responsabilità su vincoli contrattuali e dati. Trasparenza, a cominciare dalla necessità che il centro media comunichi la stima dei Diritti di negoziazione in modo che il loro ammontare e il loro trattamento possa aiutare l’inserzionista a costruire la politica di remunerazione. Anche sulle attività di programmatic buying è fondamentale indicare le aziende di cui si avvale e quali sono i rapporti che intercorrono con il centro media. Le gare sono un lavoro e hanno un costo, pertanto è auspicabile che siano remunerate. I proventi sarebbero inseriti in un fondo gestito da UNA e UPA da reinvestire nella formazione di professionisti della comunicazione. Già a gennaio è previsto un workshop pubblico di formazione sui 20 punti del documento per dare ulteriore consapevolezza al mercato».

«La trasparenza non è un diritto divino, ma una conquista, anche se rispetto a 10 anni fa è stato fatto tanto in questa direzione – ha sottolineato Marco Girelli, CEO di Omnicom Media Group Italia e associato UNA nonché parte del progetto sin dagli esordi -. La gara è una “modalità inevitabile” per scegliere un partner, il problema non è la gara in sé ma come farla: per capire in un contesto complesso quale possa essere l’agenzia media in grado di trasformare in efficacia un piano strategico è necessario un approccio più meditato e razionale, nel rispetto assoluto della concorrenza. Nel 2019 ci sono state meno gare rispetto al 2017 (erano 77) ma di valore maggiore perché quest’anno hanno attivato pitch gli operatori delle telco e del Largo consumo come Nestlé. Una tendenza che ci preoccupa è la distinzione tra bandi di gara per i mezzi offline e quelli per l’online: facciamo fatica a capirla perché i brand si diversificano attraverso le esperienze di pensiero strategico. E per quanto riguarda il programmatic, il reale beneficio è ancora tutto da stabilire». Resta il dubbio che senza un’autorità di controllo super partes, il documento, seppur importantissimo, possa lasciare margini di “mala interpretazione”. «A quel punto a fare la differenza saranno gli investitori con le loro scelte», è convinto Vittorio Meloni, Direttore Generale di UPA.

 

 

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